La Beata Elisabetta Canori Mora, sposa e madre
(1774-1825)
Elisabetta
nasce di nobile ed agiata famiglia
nel pieno centro storico di Roma, in via Tor
dei Conti, non lontano dal Colosseo, il 21
novembre 1774.
A 21 anni, il 10 gennaio 1796 si
sposa con Cristoforo Mora, giovane avvocato,
figlio di Francesco Mora, medico rinomato
della città. A pochi mesi dal matrimonio,
Cristoforo diventa gelosissimo della moglie,
controlandola in maniera ossessiva e
impedendole persino le visite dei parenti.
Poi, a poco a poco la passione si andrà
tramutando in astio e odio. Nei primi cinque
anni (1796-1801) dell’unione nascono le
loro quattro figlie, di cui due muoiono
appena nate e sopravvivono altre due,
Marianna e Lucina. In questo tempo,
Cristooforo si lascia irretire da una
relazione extraconiugale con una donna di
modeste condizioni, alla quale dona non solo
il suo amore ma anche il suo tempo e i suoi
soldi, riducendo quindi la moglie e le due
figlie rimaste in estrema povertà.
Elisabetta, per far fronte ai creditori, al
fine di salvaguardare il buon nome del
marito, è costretta a vendere i suoi
gioielli e, perfino, il suo abito da sposa.
Non solo, ma viene calunniata dalle cognate
e dal suocero, che l’accusano addirittura
dei traviamenti del marito. Ed ella non solo
perdona, ma con animo generoso aiuta in
mille modi le stesse persone che la fanno
soffrire.
I
familiari e persino qualche confessore le
consigliano la separazione, ma il Signore le
rivela un’altro disegno ed Elisabetta
decide di anteporre la salvezza del marito e
delle figlie al suo profito spirituale. La
sua è la storia di una donna tradita.
Elisabetta ha capito fino in fondo che cosa
significa «sposarsi nel Signore». Sa che
Dio le ha affidato Cristoforo e che lei la
responsabilità di portarlo a salvezza. Non
può abbandonarlo, perché Dio glielo ha
affidato. Infiammata dall’amore di
Dio-Trinità, sostenuta da una forte
esperienza d’intimità con Gesù, vive
ogni giorno con maggiore intensità
l’amore per Cristoforo, sentendosi sempre
più unita a lui e responsabile del suo
destino. E così, con la sua vita di eroica
fedeltà a Dio nel sacramento del matrimonio
ottiene, sul punto di morte, avvenuta il 5
febbraio 1825, che Cristoforo si ravveda e
decida finalmente di raddrizzare la propria
esistenza secondo i comandamenti di Dio. Una
conversione, questa, così eclatante e
radicale da spingere successivamente
l’avvocato donnaiolo a inscriversi al
Terz’Ordine Trinitario (30-XII-1825), a
diventare frate francescano conventuale col
nome di Antonio (1834), e, addirittura, ad
accedere all’ordinazione sacerdotale. E
morì — a Sezze — in odore di santità
l’8 settembre 1845! Aveva 73 anni.
Cristoforo frate e sacerdote fu «il
capolavoro di Elisabetta» . «Possiamo dire
che la storia di Elsabetta e Cristoforo è
una storia in tre tempi. Il primo, breve, in
cui godono insieme un amore felice. Il
secondo, lungo 27 anni, in cui Cristoforo si
abbandona al tradimento ed Elisabetta invece
inizia e porta a termine la fatica di una
ricostruzione della sua personalità,
lasciandosi plasmare da Dio. Il terzo, lungo
20 anni, in cui Cristoforo, dopo aver
riscoperto la nuova Elisabetta (ormai
morta), se ne innamora per la seconda volta
e vive con lei la fatica della ricostruzione
della sua vita e della sua personalità. I
tempi sono sfasati. Ma il risultato è
ottenuto. Elisabetta la consolazione di
ricongiungersi al suo sposo in terra, ma avrà
il conforto di aver costruito con lui un
rapporto molto più profondo e duraturo:
quello che due sposi raggiungono camminando
sulla stessa strada che porta a Dios, e
vivendo nella gioia della contemplazione del
suo Verbo. Per l’eternità”» (G.Muraro,
OP).
Sotto la
direzione di un santo trinitario di San
Carlo alle Quattro Fontane (San Carlino), lo
spagnolo padre Ferdinando di san Luigi, che
dirige la sua anima sin dall’anno 1807,
Elisabetta vive intensamente, nella sua
condizione di laica e di sposa/madre, la
spiritualità trinitaria, che è incentrata
sulla glorificazione della Santissima Trinità
mediante l’intima solidarietà con Cristo
Redentore nel suo donarsi agli uomini. Il 13
dicembre 1807 diviene terziaria trinitaria,
assumendo in quanto tale il nome di Giovanna
Felice della Santissima Trinità a onore
dei santi fondatori dell’Ordine
Trinitario, Giovanni
de Matha e Felice de Valois, e a gloria de Dio- Trinitá, che ne è il titolare. In seguito i patriarchi Giovanni e
Felice le saranno speciali protettori e
condottieri. Nella fraternità del
Terz’Ordine di San Carlino conosce la
consorella beata Anna Maria Taigi (terziaria
trinitaria fin dal 23 febbraio 1808),
anc’essa sposa e madre di famiglia, alla
quale sarà legata da una forte amicizia.
Elisabetta ha trovato nella spiritualità
trinitaria qualcosa che ella sente in
anticipo come definitivo nella sua vita.
Scopre la sua vocazione nella Chiesa: essere
dono di amore in Cristo, animata dallo
Spirito, per la gloria del Padre e per la
salvezza dei suoi e di tutti gli schiavi e i
poveri. Dio-Trinità, fonte di amore verso
il prossimo, la pervade tutta d’un amore
sempre più gratuito, tenero e forte nello
stesso tempo. Elisabetta ama senza misura
tutti: il suo marito infedele, anche la
donna che glielo ha rubato, le sue
figlie...; si offre per la Chiesa e per il
Papa.
Da laica
trinitaria, si sente accattivata dalla
figura di Gesù Nazareno — l’Ecce
Omo, il Gesù legato e consegnato da
Pilato ai suoi aguzzini — ,
immedesimandosi nelle sofferenze di Cristo.
In un momento di smarrimento per la morte
del babbo e per l’abbandono del focolare
domestico da parte del marito, riceve in
casa da una persona sconosciuta una piccola
icona di Gesù Nazareno, che le susurra al
cuore: «Io sarò d’ora inanzi il tuo
padre e il tuo sposo». Da quel momento Gesù
Nazareno viene messo a capo di tutte le
vicende della famiglia. «Sta nella mia
mente, nel mio cuore, in tutto il mio essere»,
attesta Elisabetta. La casa diviene un
santuario di preghiera dinanzi alla sua
immagine che la nostra Beata tiene sempre
con sé, anche nei suoi trasferimenti fuori
di Roma (Albano e Marino); e, con l’olio e
l’acqua santa che le mette accanto, compie
decine e decine di miracoli, specie
guarigioni strepitose. Perciò, quella
immagine miracolosa è stata collocata a
fianco dell’urna, contenente le spoglie
della Beata, nella chiesa di San Carlino.
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